AMALTEO, Giovanni Battista (1562-63) (3)
Giovanni Battista Amalteo (?), [Che ’l senso dell’udire è di maggior virtù che non è il vedere] (BAV, Ottob. Lat. 2418 II, cc. 591r-592v)
Tra i testi svariati che Luigi Berra, nel saggio dedicato all’Accademia delle Notti Vaticane (1915), attribuiva all’umanista veneto Giovanni Battista Amalteo (Oderzo, 1525 - Roma, 1573) erano discorsi ed esposizioni di retorica, carmi di genere vario, persino opere drammatiche (come la commedia Le gemelle e l’incompiuta tragedia Atamante e Ino) riconducibili tutti alle attività condotte nell’ambito del convivio vaticano che, tra il 1562 e il 1565, si riuniva attorno al giovane nipote di papa Pio IV, Carlo Borromeo.
Tra i testi da cui Amalteo avrebbe ricavato alcuni dei suoi discorsi pronunciati in seno all’Accademia delle Notti Vaticane, Berra segnalava, oltre alla descrizione dell’impresa che la detta accademia avrebbe potuto adottare,un Metodo di imparare tutte le arti e tutte le scienze e un Della bellezza trattato che qui riproduciamo integralmente (trovandosene fino a oggi parziali trascrizioni solo in J. Alexander, 2001). Gli argomenti di derivazione platonica e neoplatonica circa la bellezza «che alletta l’uomo et tiralo da terra in cielo, dal senso all’intelletto, dal tempo all’eternità» saranno ampiamente condivisi dai sodali delle Notti Vaticane, in particolare anche da Carlo Borromeo i cui discorsi più significativi furono pubblicati dal prefetto della Bibliotheca Ambrosiana, Giovanni Battista Sassi, nel 1748.
Allo stesso Amalteo dovrebbe essere attribuita, conservata all’interno dello stesso codice Ottob. Lat. 2418 (II), e vergata con la stessa grafia, una discussione De’ sensi, composta per dimostrare – secondo una consuetudine tipicamente accademica – «qual senso sia più eleggibile o del vedere o dell’udire», passandovisi in rassegna i diversi argomenti pro e contro la vista e l’udito (ne proponiamo il testo in trascrizione integrale, trovandosene alcuni stralci in J. Alexander, 2001). Particolarmente interessanti ne risultano gli argomenti, di lontana ascendenza leonardiana e albertiana, riguardanti la percezione visiva e le sue prerogative.
Le conclusione a cui l’Amalteo giungeva dopo avere vagliato, nei due scritti appena citati, i suoi numerosi argomenti, si trovano esposte nel testo finale, anch’esso qui integralmente riprodotto, dove veniva mostrato come fosse «il senso dell’udire di maggior virtù che non è il vedere».
La convinzione, ormai tipicamente tridentina, circa la superiorità della parola sull’immagine, del discorso sul testo figurativo, dei letterati sugli artisti (ai quali non rimaneva che di asservirsi a programmi iconologici messi a punto da letterati e teologi in funzione delle valenze didattiche, dimostrative, celebrative appartenti alle immagini), induceva l’autore – Giovanni Battista Amalteo – a ritenere l’udito più nobile della vista, perché più spirituale, meno ingannevole, meglio adatto alla illustrazione delle più astratte nozioni teologiche.
Carmelo Occhipinti (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata)
Bibliografia
J.A. Saxius, Noctes Vaticanae, seu sermones habiti in academia a S. Carolo Borromeo, Milano 1748.
L. Berra, L’accademia delle Notti Vaticane fondata da S. Carlo Borromeo. Con tre appendici di documenti inediti, Roma 1915.
J. Alexander,The Collegio Borromeo. A study of Borromeo’s early patronage and Tibaldi’s early architecture, Charlottesville (Va.), Univ. of Virginia, 2001.
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