Addio a Stella Rudolph
Domenica 17 maggio Stella Rudolph è venuta improvvisamente a mancare. Per chi l’ha conosciuta è stata non solo la studiosa brillante e acuta, che tante strade ha aperto alla ricerca, ma anche un’amica generosa, prodiga di suggerimenti e aperta soprattutto nei confronti dei più giovani, che accoglieva con disponibilità nella sua casa di Firenze. Inglese di nascita, dopo un’esperienza newyorchese si era trasferita a Firenze e lì ha trascorso l’intera sua vita. Per noi che le siamo state vicine e abbiamo condiviso con lei i percorsi di ricerca nell’ambito della cultura del Seicento e del Settecento, romana in particolare, la perdita è tanto più dolorosa quanto inaspettata. I suoi studi su Vincenzo Vittoria (1988), Giuseppe Tambroni (1983) tra gli altri, costituiscono tuttora aperture significative su una storia della cultura indagata scandagliando vicende politiche, diplomatiche, collezionistiche. Ma è nel campo delle arti figurative del secolo XVIII che il suo contributo è e resterà di assoluta rilevanza. Le piaceva ricordare di essere stata stimolata a lavorare in questo ambito a seguito di contatti con Anthony Clark, che negli anni sessanta andava pubblicando su “Paragone” – Stella si era trasferita a Firenze per seguire i corsi di Roberto Longhi all’Università – i suoi contributi per la riscoperta del Settecento romano, nella scia della grande mostra del 1959. Domenico Corvi, Bernardino Nocchi, Felice Giani sono gli artisti dei quali Stella rivendicò la levatura con autorevolezza e decisione, sorretta da una capacità di scrittura sorprendente in una persona di madrelingua diversa; una scrittura ricca di sfumature e però sempre chiarissima, con inserti deliziosamente desueti che le derivavano con ogni probabilità dalla lettura delle fonti (Lanzi e la storiografia artistica erano state le sue letture “di formazione”). Ma l’argomento cui ha dedicato la maggior parte della sua vita di studiosa è stato Carlo Maratti, del quale aveva in lavorazione ormai da decenni la monografia. Nel corso degli anni sono stati innumerevoli gli articoli, le schede o anche i brevi contributi nei quali rendeva note le sue scoperte o puntualizzava datazioni e attribuzioni, tutti inseriti nel progetto di quell’opus magnum che purtroppo non ci potrà più dare, e che per ora si può solo ipotizzare scorrendo la ricchissima bibliografia raccolta sotto il binomio Rudolph-Maratti. Dell’immenso lavoro di scavo che tale impegno ha comportato può offrire un’idea il volume da lei dedicato al rapporto tra il pittore e il suo mecenate Niccolò Maria Pallavicini (1995), inizialmente previsto come capitolo della monografia e diventato un libro a sé.
Stella ci mancherà, e non soltanto perché è difficile pensare a un altro Maratti che non sia il suo. Sentiremo, come amiche che hanno condiviso con lei non solo studi e ricerche ma anche risate e lunghe telefonate, la perdita della sua vitalità, dell’eleganza e dell’ironia con le quali si muoveva nel nostro non facile ambiente, la passione che trasmetteva.
Liliana Barroero